Per Livia

Una vita troppo presto stroncata è sempre un’idea inammissibile, un pensiero che ci lascia attoniti e sgomenti. Ogni parola o commento può apparire superfluo o eccessivo in confronto al dolore  sordo che non può che attanagliarci di fronte all’inesplicabile natura di un evento così tragico.

A mio parere, invece, almeno una parola è giusto pronunciarla, non per commentare i fatti, ma per ricordare a tutti noi il senso del nostro essere persone e, quindi, il valore di provare a diventare ogni giorno comunità di viventi.

Formare è un compito arduo e denso di responsabilità, che presuppone capacità di ascolto e di riconoscimento, per assolvere il quale è giusto, il più delle volte, lavorare sulle domande che dal dialogo – prima fra le forme della relazione e ancora, ritengo, privilegiata tra esse – scaturiscono o talvolta esplodono, piuttosto che sulle risposte semplificanti, sulle soluzioni assiomatiche, sui paradigmi affermativi.

Potremmo dire che è stata una semplice quanto tragica fatalità, potremmo liquidare la complessità riducendola a un errore, ma noi sappiamo che l’errore finale e definitivo è spesso l’effetto di una incapacità di lavorare sui piccoli errori di ogni giorno, riconoscendo in essi e nei dubbi che essi sollevano la possibilità di crescere e di andare avanti, di migliorare e progettare futuro. Un futuro che oggi a Livia è negato.

Non si può liquidare in fretta, come non si può giudicare, sarebbe facile ma sarebbe stolto, ottuso e, soprattutto, inutile. Si deve invece ritornare al senso delle cose e dell’agire, ritornare a domandarci ancora una volta cosa stiamo facendo e perché. Che ruolo ha il nostro operare quotidiano con le centinaia di facce e storie che incontriamo ogni giorno, perché in questo luogo esse, come noi, vengono e transitano, ma più spesso si fermano, per trovare e costruire senso, senso intorno al quale incardinare il proprio progetto di vita e di persone, di identità e di appartenenza.

Per questo Livia era ed è una di noi, perché come noi lei cercava e ricercava questo orizzonte, con le stesse domande, con gli stessi dubbi, con le stesse paure, ma anche con lo stesso instancabile desiderio.

Per questo, anche per questo, Livia ci mancherà molto, pur continuando ad essere presente in coloro che l’hanno conosciuta e in coloro che l’hanno soltanto sfiorata.   Ci mancherà perché sappiamo che il suo pensiero era parte necessaria e insostituibile del nostro pensiero comune, del nostro sentire collettivo. E’ lì che dovremo cercare la risposta, è lì che dovremo continuare a coltivare la domanda, la sua domanda, la nostra domanda.


Giuseppe Gaeta